Tutto è nato quando ho iniziato a chiedermi come la cucina di montagna potesse contribuire alla crescita sostenibile dell’intero pianeta, come lo chef potesse promuovere la tutela del territorio in cui viviamo e quale potesse essere il futuro dell’alimentazione di montagna e non solo. Per trovare le risposte sono partito dalle mie radici per poi prestare ascolto anche alle tendenze attuali di riscoperta del locale, rispetto della biodiversità, diffusione di prodotti biologici e a km 0, della mentalità del vivere lento seguendo la stagionalità.
Ecco che l’obiettivo è diventato subito chiaro: ripensare
allo sviluppo economico-sociale indagando i rapporti tra produzione, prodotto, territorio e consumo. Punto di partenza di questo cambiamento dev’essere la cucina, intesa come “catalizzatrice di processi culturali” per la diffusione di un modello di sviluppo sostenibile. In quest’ottica il cuoco deve assumersi il ruolo di “educatore emozionale”, capace di promuovere un nuovo stile di vita.
Cook the Mountain è il mio modo d’essere e di agire.
Le persone e i rapporti umani sono il vero valore aggiunto di un progetto.
In ogni nuova idea e creazione rimane per me fondamentale coinvolgere tutti gli attori che in qualche modo vi partecipano. Agricoltori, allevatori devono essere considerati come gli artigiani del territorio a tutela del territorio. La loro esperienza, la loro sapienza, ci permette d'avere una materia prima pura, perfetta.
Allo stesso modo ho scelto di privilegiare i piccoli produttori, quelli che quotidianamente s’impegnano con cura e dedizione a tutelare il territorio e a valorizzare il prodotto.
Con tutti loro ho sempre avuto un rapporto vis-à-vis, aperto e onesto; quando posso li coinvolgo in alcune mie scelte, mi lascio ispirare. Le loro conoscenze non sono da sottovalutare.
La natura è la mia dispensa naturale, la migliore che potessi avere.
È in base a ciò che la natura mi offre in un determinato periodo dell’anno che inizio a creare il mio menù, non viceversa. Seguire la stagionalità è una forma di rispetto.
Negli ultimi anni questo approccio mi ha permesso anche di riscoprire tante varietà di frutta e verdura che io chiamo “dimenticate” e che oggi inserisco spesso nei miei piatti.
Ho poi iniziato a valorizzare davvero il prodotto quando ho ridotto al minimo gli scarti. Dalle bucce di patate alla pelle del pesce fino all’acqua di cottura delle verdure, tutto può diventare un ingrediente di ricette gourmet.
Anche la conservazione gioca un ruolo fondamentale contro gli sprechi. Quando scelgo la fermentazione, non mi sto solo prendendo cura di un ingrediente, ma gli sto anche dando un valore in più.
L’idea di stimolare l’incontro tra chef di montagna o che valorizzano gli ambienti montani, agricoltori, sociologhi, scienziati, imprenditori… e renderlo un vero e proprio format-evento nasce qualche anno fa.
Paolo Ferretti, amico, imprenditore e grande amante di arte e cultura, mi ha aiutato a tradurre quest’idea in un progetto di ampio respiro.
Scopri Cook the Mountain clicca qui